Passaggio II Roma, 23 giugno L’angelo del dolore

 




Bisogna riempire gli orecchi, gli occhi di tutti noi di cose che siano all’inizio di un grande sogno [...] dobbiamo tirare l’anima da tutte le parti come se fosse un lenzuolo dilatabile all’infinito. Se volete che il mondo vada avanti, dobbiamo tenerci per mano. 

Dal film Nostalghia di A. Tarkovskij

Questo è solo un frammento di un testo molto più lungo, e denso, che racconta di un viaggio che non so ancora bene dove mi porterà. Nessuno sa davvero perché fa quello che fa. Nemmeno Pier Paolo lo sapeva. Parlava tanto delle viscere, ma le viscere non si controllano. Si prova ad ascoltarle, interpretarle. Sono lì che pulsano. Al massimo sappiamo che ci sono, ma non siamo consapevoli di tutto. A volte sogniamo e i sogni per la maggior parte vengono da là. Frammenti di realtà e di sogno si sovrappongono alla ricerca di un senso in questi giorni così angoscianti… 

 La condizione umana nellera digitale, la distanza tremenda dal “sacro” e al tempo stesso il nostro bisogno disperato di essere “uditi”; la tradizione culturale italiana, con i suoi giganti e le sue cecità; le guerre di oggi, Gaza e i bambini che muoiono mentre noi discutiamo di algoritmi e voltiamo la testa dall’altra parte. Quanto scempio di bellezza oggi, di tutta la bellezza, quella morale soprattutto, come se non servisse. Pasolini era molto attento, tutta la sua poesia ne è testimone, ma ormai la bellezza è tuttuno con il narcisismo e lesibizionismo di massa. È solo bellezza esteriore, stereotipata. La stessa che scatena guerre sin dai tempi di Omero… forse. Ma in ogni caso, ha ragione Simone Weil, col tempo le cause originarie delle guerre si perdono, la violenza si autogiustifica, diventa fine a se stessa e riduce tutti a “cose”… 

Eppure, c’è una bellezza da salvare… 

Mi sveglio così e tutto questo mi sembra insostenibile. Cammino per le vie di Roma e dentro me stessa, nella cultura che mi ha formata e nelle contraddizioni del presente. Non mi accontento di raccontare; interrogo, scavo, cerco. Non trovo nessuna risposta facile, soltanto domande difficili che non consolano mai, anzi inquietano se aumenta la consapevolezza dei fili che ci muovono. È il 23 giugno, la notte magica di San Giovanni e questi frammenti si concludono con un sogno che sembra dirmi che se il nostro cuore è disponibile ad andare oltre la superficie e guardare negli occhi il dolore del mondo senza distogliere lo sguardo può accadere di vedere cose che pensavamo impossibili. Guardiani del dolore e non suoi prigionieri, come l’Angelo del cimitero degli Inglesi. Solo così possiamo sperare di trasformarlo in bellezza. Compassione. Vita. 

… 


Estratto dal Passaggio #2 – Roma, 23 giugno 2025 

“Chi, s’io gridassi mi udrebbe mai dalle sfere degli angeli?” Mi sveglio con Rilke nella testa e un'inquietudine che rende difficile qualsiasi attività che non sia camminare. Ho la sensazione di dover recuperare qualcosa di profondamente mio che ho perso. “E se pure d’un tratto uno mi stringesse al suo cuore: perirei della sua più forte esistenza”. Dio mio, ogni angelo è tremendo. Troppa distanza ci separa da loro… Basta, ripete la voce di Grossmann nella mia testa. Non si può vivere di sole vendette che distruggono per sempre la possibilità di parlarsi. Bisogna fermarsi a guardare gli occhi dei bambini di Gaza. Che muoiono a frotte ogni giorno. Di bombe, di malattie e di fame in un paesaggio lunare, tutto distrutto. Guardate i loro occhi, dovete farcela. E mi tornano in mente i versi di Peter Handke 

Quando il bambino era bambino, 
camminava con le braccia ciondoloni, 
voleva che il ruscello fosse un fiume, 
il fiume un torrente e questa pozzanghera il mare. 
Quando il bambino era bambino, 
non sapeva di essere un bambino, 
per lui tutto aveva un’anima 
e tutte le anime erano un tutt’uno. 

La loro paura si trasformerà ben presto in odio, contro di noi, contro l’umanità intera. Non possiamo sopportare che un bambino soffra così. Anche il dolore deve avere un limite, Dio ci è testimone per sempre. Cosa ci dicono quegli occhi? Se non che è stato superato ogni limite umano e si è entrati nel deserto di un nulla del tutto criminale, e che non c'è futuro per nessuno. Se quegli occhi continueranno a guardarci così sarà per sempre l’odio a prevalere. I loro occhi guardano ognuno di noi, non solo chi li ammazza. Non c’è possibilità di sfuggire a quello sguardo. 

È come quando da bambina - ma io non ero in guerra, no, io potevo ancora giocare, mangiare, dormire, crescere - non riuscivo a sfuggire agli occhi di quel quadro del Sacro Cuore di Gesù che mi seguivano anche negli angoli più nascosti della casa, come una silente accusa nei miei confronti. Anche la crudeltà ha un limite… un limite… 

Tutto questo è insostenibile. Esco a camminare. 

 Roma è lì che mi circonda con quella sua aria già estiva che odora di gelsomini appoggiati al travertino scaldato dal sole. Il caldo comincia a farsi sentire, tutto è ovattato come sospeso tra cielo e terra. Salgo sul primo autobus, altro luogo chiuso, contenitore di pensieri che si muove nello spazio e raccoglie e deposita corpi e ansie, preoccupazioni e sogni di sconosciuti che per un po’ condividono la stessa traiettoria geografica e forse esistenziale, cellulari permettendo. Fuori dal vetro, il traffico, incurante, scorre attorno a una danza urbana, eterna lotta dell’uomo contro il tempo. 

 Ecco Castel Sant’Angelo. Quante vite diverse ha vissuto questa pietra in due millenni! Mausoleo, rifugio, prigione... i significati si sovrappongono come strati di pittura sulle pareti. E il travertino lì, immobile, testimone di secoli che scivolano via come l'acqua del Tevere. Castel Sant’Angelo è immenso! Con tanta magnificenza architettonica, l’imperatore Adriano sfidava la morte? Forse era solo mania di grandezza, tipica degli imperatori e non solo… A equilibrare tanta presunzione, arriva il ricordo di Tosca che quando sente di non avere più futuro si getta nel vuoto proprio da queste mura. Ah, il mio Puccini che faceva morire le sue creature e magari così, inconsapevolmente, trasformava il proprio mondo interiore... Quanto è complessa la realtà! 

 Ponte Sant’Angelo. “Ma tu che angelo sei?” chiedevo al mio angelo custode quand’ero bambina. “Un angelo e basta, o uno che vuole diventare come me?” Avevo sentito dire che succede. Lasciano la loro natura immortale per entrare nella vita degli esseri umani. Fanno scelte. Sbagliano. Amano. Muoiono. Come gli angeli del “Cielo sopra Berlino”. Scelgono di cadere, rinunciano all’eternità per i sentimenti. Per la fragilità. È questo che ci rende speciali? La nostra fragilità? 

 Forse la bellezza sta nel cadere... 

 Al semaforo, un gruppo di turisti attraversa la piazza con una moltitudine di telefonini alzati verso Ponte Sant’Angelo: facce illuminate da un’estasi mistica come chi cerca dio nelle chiese e lo trova nel piccolo schermo. L’ombrellino giallo-arancione della visita guidata si ferma all’inizio del Ponte, davanti alle statue di San Pietro e San Paolo; mi ricordano le antenne, delle antenne umane rivolte tutte nella stessa direzione mentre dagli auricolari ricevono informazioni su pietra e storia… di riflesso, alzo lo sguardo alla ricerca delle antenne vere, quelle metalliche, che spuntano dai tetti dei palazzi come i grandi fiori tecnologici di una modernità che ha sempre bisogno di essere connessa, comunque, dovunque, anche se mi sembra comunichi sempre di meno, o, peggio, comunichi il falso. 

Come abbiamo perso il rapporto con il sacro? Quando abbiamo smesso di tenerci per mano? Il mondo è diventato un teatro di marionette, i fili ci sono ma invisibili, sottili come le onde del wi-fi. Siamo marionette che sanno di esserlo, eppure spesso continuiamo a tenere stretti i fili perché seguire il copione è più semplice. Così, ci muoviamo tutti con gli stessi gesti obbligati, prevedibili. Come chatbot che rispondono con frasi studiate per sembrare umane: “Ciao, come stai?” “Bene, grazie, e tu?” Una danza di cortesia programmata. 

Mi affaccio dal parapetto, il fiume scorre in silenzio e mi sembra di vedere Pier Paolo accanto a me, non il poeta, l’uomo. Sono i luoghi del Barcone del Ciriola, l’aria è come allora, “tesa come la pelle d’un tamburo”. Ma non ci sono più i tuoi ragazzi che urlano e ridono, sempre pronti a menare qualcuno... Ora è pieno di senzatetto, di clochard. Angeli caduti, penso, e subito sorrido della mia ingenua esagerazione. Ma ormai sono presa dall’angelologia, non posso farci niente. Forse sono parentele millenarie, ex angeli che non si sono adattati all’esistenza umana. Non sono i tuoi sottoproletari, no. Loro, i barboni, potrebbero anche essere figli di quella parte della piccola borghesia che ha rifiutato i suoi valori. Quanti scelgono di essere piuttosto che di avere? Quanti di ogni classe sociale vanno controcorrente nei fatti, non solo a parole? Perché, Pier Paolo, eri così legato a uno schema novecentesco che divideva il mondo in classi sociali nette? Anche i poeti della Beat Generation vivevano ai margini delle metropoli americane, ma non erano sottoproletari alla deriva; alcuni di loro erano figli della borghesia e avevano la tua stessa ossessione: essere contro avere. E la risolvevano creando controcultura. Anche la borghesia può produrre i suoi rifiuti, i suoi angeli caduti. Per te la borghesia è una categoria dello spirito più che una classe sociale storicamente determinata. 

Le viscere, Pier Paolo, le viscere come l’acqua, seguono il loro corso naturale.

 La mutazione antropologica di cui parlavi si è trasformata in una sorta di diluvio universale. Oggi siamo tutti un’enorme classe media, manipolata da pochi grandi poteri. Nella nostra condizione sono necessarie capacità straordinarie di attenzione, ascolto, discernimento critico. Voglia di sperare e amare. Ma quello che vedo è un furore bellico che scatena gli istinti più bassi e pericolosi. 

… 

All’Isola Tiberina mi accorgo che con un solo sguardo ho davanti le tre culture da cui discende la nostra tradizione: la chiesa di San Bartolomeo poggia sulle rovine del tempio di Esculapio, sullo sfondo la cupola della Sinagoga del ghetto ebraico. Paganesimo, cristianesimo, ebraismo. Tutto qui, sotto i miei occhi, come un’improvvisa variazione di luce. E mi rendo conto che questa complessità - questa stratificazione di senso - è quello che rischiamo di perdere nell’epoca degli algoritmi. 

Anche davanti ai tuoi occhi, Pier Paolo, dev’esserci stato lo stesso panorama ma non trovo traccia nei tuoi scritti… Ricordo il mio viaggio in Israele: la Galilea, gentile come un venticello leggero, e Gerico, oscura come le presenze che l’abitano ancora. Betlemme, circondata da un muro, una frattura che divide le religioni monoteiste e rende il fratello nemico del fratello… Anche tu, Pier Paolo, sei andato in Israele a cercare ispirazione per il tuo Vangelo secondo Matteo. Ma hai trovato qualcosa che uccide qualsiasi ispirazione: un vento di ultra-modernità, valori negati, lo stesso paesaggio dove l’antico è un ricordo sbiadito. Dov’è Emmaus, dov'è Betania? E il monte degli Ulivi cos’è oggi, al di là del fatto che da lì puoi vedere la sconvolgente e sinistra bellezza di Gerusalemme, prigioniera di sé stessa? A prevalere è la presenza della fortezza di Meghiddo, dove secondo la tradizione ebraica ci sarà la battaglia finale tra il Bene e il Male, l’Armageddon. Una battaglia dentro la quale Bene e Male hanno già cominciato a somigliarsi. Da molto tempo ormai. 

Arrivo a Testaccio. Mi capita spesso di associare i luoghi a dei suoni, deformazione professionale penso… Poi ricordo: una sera, ai tempi del dottorato, proprio in queste vie ho sentito risuonare un flicorno e ho pensato al concerto di Paolo Fresu che avevo ascoltato non molto tempo prima. Oggi mi sembra di sentirlo ancora, dev’esserci una scuola di musica qui vicino… quelle note lunghe, profonde, mi fanno pensare a un angelo che saluta per sempre la sua natura eterna e cade. Tanto è divina questa musica che si confronta con l'eco che rimbalza dalle muraglie che reggono l’Aventino… Divina e un po’ disperata. O sono io che mi sento così sola? 

Quel flicorno, con la sua solitudine, somiglia al flauto del tuo viaggio India, Pier Paolo, quando ti sembrava che con quei suoni un ragazzo volesse comunicare con te l'incomunicabile. Troppo diversi i mondi, ma forse la musica - sì, la musica non richiede la mediazione esplicita dei significati, come scrivi nel "Poeta delle ceneri" - forse... Cos’è un essere umano che non ha la possibilità di farsi comprendere? Cos'è soprattutto oggi, con gli spostamenti continui di milioni di persone di culture ed esistenze radicalmente diverse in tutto il mondo per mille ragioni. Persone in fuga, o alla ricerca di nuove radici, di nuove relazioni il più delle volte nell’ostilità generale. Cos’è? Solitudine immensa che nemmeno l'eco delle muraglie dell’Aventino vale a vincere. Per te, Pier Paolo, è la morte. Sì, è la morte che si sconta vivendo, fa eco Cardarelli. 

 Scout, dove sei? Come si può trasformare la solitudine di quel flicorno in una festa gioiosa in cui esistiamo davvero uno per l'altro e ci prendiamo per mano? 

Ecco il Cimitero degli Inglesi. Cerco la tomba di Gramsci. Quanto è bello quel pensiero che metteva insieme tutte le classi offrendo dignità attraverso cultura e politica. Sento la presenza di Scout, mi guardo intorno un po’ timorosa e lo vedo seduto accanto ad una tomba sovrastata da una scultura bellissima. 

È l’angelo del dolore, mi dice, siediti, lasciati catturare dalla bellezza. 

Non ho mai visto un monumento funerario così bello. L’angelo tiene il capo chino in un gesto che racchiude tutto il dolore del mondo, eppure c’è una bellezza così potente che toglie il respiro. Gli angeli non sono consolatori, dico a Scout ricordando Rilke, sono tremendi, troppa distanza ci separa da loro. È vero, ma guarda bene. Non sta solo piangendo. Sta vegliando. È un guardiano del dolore, non suo prigioniero. 

Una strana luce dorata filtra tra i cipressi. Il cimitero si trasforma in un luogo dove il tempo non ha più presa. Vedo ombre camminare tra le tombe - sono i morti che vengono a trovare i vivi, per ricordare che l'amore non finisce mai. Questo è il vero realismo magico, sussurro. Non è che accadano cose impossibili. È che le cose possibili diventano improvvisamente visibili. Mi pare che l’espressione, l’essenziale è invisibile agli occhi, abbia a che fare con il rapporto che il Piccolo Principe ha con la sua rosa, la metafora di un rapporto d'amore, è così Scout? Si, si, con la sua rosa, ho perso il conto delle volte che ho letto il Piccolo Principe... e mi regala una rosa bianca. Se amiamo vediamo meglio, ma dobbiamo intenderci di che cosa parliamo quando parliamo d’amore... 

 Dall’autobus di ritorno osservo Scout che si allontana con un’aria pensierosa, chissà dov’è diretto. 

 Torno a casa che è già sera, mi addormento sul divano e sogno… 

 Scout è nell’incrocio di vie dove ho sentito il flicorno. Ma che fa? Ha un flicorno, comincia a suonare... ma non è solo! A Isola Tiberina ci sono delle ombre, tra Esculapio, San Bartolomeo e la Sinagoga. Hanno degli strumenti musicali, flauto traverso, contrabbasso… è tutto un susseguirsi di note e di ritmi, mentre l’Aventino rimanda l’eco festosa... altro che flicorno solitario! Qualcuno accende un fuoco e intorno tutti suonano... sono angeli con le ali svolazzanti, si posano a cerchio con le loro vesti candide e sembrano ballare... arrivano anche i senzatetto, un cane si accuccia accanto a dei gatti, oh, gli angeli che ballano una musica di Bach jazzata a mezz’aria... “arriva Michele”, grida Scout e d’improvviso si sentono risuonare solo i versi di Pasolini “Solo l’amare, solo il conoscere conta ... non l’aver amato, non l’aver conosciuto. Dà angoscia il vivere di un consumato amore. L’anima non cresce più”. 

Ma… è la mia voce, la mia voce, sono io che urlo e mi viene la pelle d’oca, è quello il prodigio? L’ha fatto per me, maledetto Scout, penso nel mio sogno, sì, l’ha fatto per me, oddio l’ha fatto proprio per me... mentre il coro degli angeli, quelli che cadranno e quelli che non vogliono cadere, unisce cielo e terra in un tutt’uno indistinguibile... non so se sto ancora sognando, ma piango. 

 E un fuoco rischiara tutta la scena 

https://www.youtube.com/watch?v=9UUYvzEIk68

 Claudia Calabrese, 23 giugno 2025

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